Nella storia
dell’arte, “Transavanguardia” e “Transrealismo” sono definizioni che rimandano
a movimenti o tendenze recenti, e che possono suonare simili se non altro per
la presenza dello stesso prefisso al loro interno. In realtà, il prefisso
“trans” è inteso alquanto diversamente nei due casi: in quanto
“attraversamento” e quindi rivisitazione retrospettiva – sia pure aggiornata –
delle forme espressive adottate dalle avanguardie artistiche del ’900, nel
primo caso; in quanto tentativo di spingersi “al di là” o “oltre” la visione
della realtà corrente, nel secondo caso. In entrambi i casi, il tendenziale
ritorno a uno stile figurativo è sensibile. Tuttavia, nel primo caso ciò si
attua nell’ambito di quello che in un raggio internazionale è stato chiamato Neo-Espressionismo;
il superamento dell’operato delle avanguardie è comunque rivolto a un passato e
ha come riferimento uno o più movimenti artistici. Nel secondo caso, il termine
di riferimento principale è il reale stesso; e la trasfigurazione della realtà
è calata in un presente che è orientato verso il futuro o è esso stesso già
futuro, nonostante che volentieri possono individuarsi precedenti nel
Neorealismo italiano, o nel Surrealismo e nell’Iperrealismo in ambito
internazionale. Notoriamente, mentore e artefice della Transavanguardia
italiana è stato il critico d’arte Bonito Oliva, già negli anni Ottanta del
secolo scorso. Per quanto riguarda il Transrealismo, l’origine è più complessa.
Esso nasce negli U.S.A. più o meno nello stesso periodo, varato in ambito
letterario dallo scrittore Rudy Rucker. Solo in seguito esso investe le arti
visuali, diffondendosi lentamente e variamente in Germania, in Spagna e in
Italia. Nel nostro paese, il primo critico a teorizzare tale tendenza è stato
Antonio Gasbarrini analizzando l’opera di Francesco Guadagnuolo, primo artista
ad aderire a essa, nel primo decennio del secolo ormai inoltrato...(di Pino Blasone)
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