TRA POESIA ED ARTI VISIVE: UNA MOSTRA SENZA PRECEDENTI
di CARLO FABRIZIO CARLI (Architetto. Critico d'Arte. Membro del Consiglio d'Amministrazione della Fondazione "La Quadriennale di Roma")
Chi di noi, seppure a diverso titolo “addetti ai lavori” (artisti, critici, collezionisti, appassionati d’arte), non ha lamentato negli ultimi anni il progressivo appiattirsi sulla ripetitività, di cui siamo tutti costretti a prendere atto visitando le mostre, frequentando gli studi, sfogliando le riviste?
Questa mostra di Francesco Guadagnuolo si pone invece in significativa controtendenza: ben pochi, in tutta onestà, potranno scorgervi del déjà vu. Non mi risulta, infatti, che l’operazione che egli ci propone abbia avuto dei precedenti. Riuscendo oltretutto, questo suo operare, assai denso (e intrigante) per stratificazioni culturali e valenze espressive.
Quando avrò detto che, ricondotto all’essenziale, il tema della sua ricerca consiste nell’istituire un rapporto, un’interazione tra poesia ed arti visive, so tuttavia che rischierò di essere frainteso. Certo, tanti artisti, anche celebri, si sono applicati ad “illustrare” opere poetiche di ogni tempo.
Ma, appunto, l’intento di Guadagnuolo si pone in un terreno lontanissimo dall’illustrazione, ovvero dall’interpretazione figurativa, o comunque visiva, del testo poetico. A lui interessa invece coinvolgere direttamente, materialmente, perfino segnicamente la scrittura poetica nell’intervento pittorico, in modo che questo scaturisca dall’incontro – anche, ma non di necessità, personale – tra poeta e pittore.
Guadagnuolo ha così chiesto a circa 500 poeti (non tutti notissimi – anche se tra loro figurano i maggiori italiani e stranieri contemporanei – ma tutti di sicura qualità), che hanno accettato l’invito con entusiasmo, di inviargli un proprio testo autografo trascritto su un cartoncino di varie dimensioni. Quattro i temi proposti: tempo, storia, luogo, memoria; quattro motivi che già da anni presiedono al lavoro di Guadagnuolo e scandiscono i registri della poesia e dell’esistenza, come un ideale sistema di ascisse e di ordinate.
Cosicché, oltre naturalmente al prioritario significato letterario, i testi poetici assumono un valore propriamente grafico, perfino connesso alla qualità del supporto scrittorio.
Si tratta di argomentazioni verso cui la cultura occidentale ha dimostrato un’inveterata sordità, ma che risultano invece pienamente recepite dalla sensibilità orientale. In particolare da quella giapponese, improntata alla filosofia zen, che le virtualità segniche della scrittura – e in particolare della scrittura poetica – ha sempre promosso a manifestazione della maggiore importanza. (Fino, magari, per via indiretta, a riverberarsi sulla vicenda occidentale in formel).
Questi tasselli poetici, Guadagnuolo ha inserito – né
enfatizzandoli, né rendendoli ancillari – all’interno della sua già
sperimentata ricerca sui calendari. Dove l’impiego quale supporto pittorico di
elementi abitualmente (e verrebbe voglia di aggiungere: rigorosamente,
ritualmente) obliterati e scartati dal giorno che subentra al giorno, assume
valenze manifestamente ludiche ed esistenzialmente indocili.
Non meno gremito di allusioni e di rimandi l’intervento su
particolari della figurazione aulica, che vengono in questo modo sconvolti e
trasfigurati, trasferiti in un contesto completamente “altro”.
Arte povera? Concettuale? Magari (seppure in assenza del dato pubblicitario) pop? Nei vari casi, qualche aspetto, qualche circostanza sembra avallare l’accostamento, peraltro subito frustrato da altre riflessioni. Non c’è davvero qui da rinserrarsi nelle formule e nei luoghi comuni.
(Metamorfosi dell’Iconografia nell’arte di Francesco Guadagnuolo, Ed. Angelus Novus e Tra 8 & 9, 2011)