Il rosso
sanguigno è certamente il colore che per primo attrae e inquieta nelle opere
con cui il Maestro Francesco Guadagnuolo intende celebrare il 150° dell’unità
d’Italia. È un rosso sangue ‘spalmato’ sul foglio con pennellate quasi violente
e discontinue che generano una sensazione di vuoto-pieno di grande effetto
percettivo con una valenza simbolica su cui ci soffermeremo.
Ciò che colpisce lo sguardo è però
immediatamente un altro elemento, assolutamente originale, intorno a cui o a
partire da cui il quadro si costruisce: la scrittura poetica. Trovo particolarmente
suggestiva e originale l’idea di una ‘composizione artistica’ che lega la
parola della poesia all’immagine pittorica. Si tratta anche di una sfida che il
pittore accoglie per dare forma visiva alla parola. Non è però una parola
poetica astratta e universale, bensì la parola incarnata che si fa carico
dell’identità ‘regionale’ e, consapevole della differenza, la offre alla
formazione dell’identità ‘nazionale’.
L’Italia, più di altre nazioni, è un’unità composita fatta da molte differenti identità con storie proprie, tradizioni, culture, che non possono essere dimenticate o trascurate senza ‘deformare’ l'identità nazionale. Questa intuizione mi sembra essere alle spalle come motivazione strutturante l’opera del Maestro Guadagnuolo. Celebrare l’anniversario dell’unità d’Italia significa riconoscere che l’apporto creativo delle differenze ‘regionali’ non costituisce un limite, ma la sua ricchezza.
(Segue da www.guadagnuolo.it )
La regionalità è fornita dalla
parola poetica che si inserisce materialmente nella composizione con la
specifica grafia del poeta. Lo spazio della parola scritta è come un altro modo
di condurre lo spettatore ‘in giro per l’Italia’. Il poeta compie la magia di dare
corpo alla memoria ‘locale’ e il pittore, a sua volta, inserisce ancora
elementi materiali come francobolli, fotografie di personaggi della regione, ma
di carattere nazionale, ritagli di giornale, amalgamati dal pennello che
colloca il tutto in una ‘formazione’ con molti fuochi prospettici convergenti
intorno alla, più o meno reale, cartina geografica. Il risultato finale
infatti, si compone in un’immagine dinamica che comunica un messaggio, a mio
avviso, di grande concretezza e forza evocativa: l’unità d’Italia è il
risultato del contributo originale di persone incarnate nella propria realtà
regionale che hanno sognato qualcosa di più. È per questo che ho parlato di
puzle.
L’Italia che celebra il 150° della propria unità deve
ritrovare il senso di una regionalità, centripeta e non centrifuga, che è
ricchezza, è il valore delle differenze che si sono stratificate in secoli di
eventi che potevano essere disgreganti, perfino al livello della lingua, e che
invece sono diventati l’opportunità di una vera struttura complessa. Ciò è
accaduto con veri momenti di ‘purificazione’ in cui il sangue dei patrioti non
era più regionale, ma italiano. Il rosso sanguigno è veramente allora la
memoria dell’amalgama costituita dal sacrificio di donne e uomini che nel Risorgimento
e poi nella prima guerra mondiale hanno dato la vita e ci hanno consegnato
un’Italia che non dobbiamo nuovamente disgregare.
Il Maestro Guadaguolo con passione civile
e grande originalità ha trasferito nei suoi dipinti questi molteplici messaggi.
Il risultato complessivo, dal punto di vista socio-politico, permette di
entrare nel senso autentico del federalismo, dal punto di vista antropologico
dichiara esplicitamente la ricchezza e la pervasività delle differenze come
risorsa. Provo a entrare brevemente, in punta di piedi, in qualcuno dei quadri
che più mi hanno colpito, sia dal punto di vista estetico che contenutistico.
Il testo poetico della Sicilia, da
dove il processo di unificazione è in qualche modo partito, è denso per la
denuncia di un sud abbandonato, ma anche per il riconoscimento della ‘mediterraneità’
della Sicilia. Per le molte dominazioni subite “i Siculi sono fenici, greci,
romani, bizantini, arabi, normanni, francesi, spagnoli, … Dici che è fatta
l’Italia? Che vuol dire fatta? Facciamola davvero”. Dalla Calabria, la parola
poetica ricorda il sacrificio dei fratelli Bandiera che là si è consumato e dal
fondo rosso che lo copre emerge un francobollo commemorativo del 1944 della
Repubblica Sociale Italiana. Molto suggestiva anche la denuncia ‘pugliese’.
Molto stimolante la composizione della Basilicata, meno ‘violenta’ nella
descrizione pittorica e, tuttavia, in essa traspare la tensione della memoria
del sacrificio insurrezionalista di Giacinto Albini e il dramma dei migranti
verso il Nord che carica i volti duri inseriti nel dipinto del peso
dell’esistenza.
L’Italia ‘insanguinata’ sovrastata
dalla Lombardia produce un effetto espressivo molto intenso che traduce, anche
in questo caso la parola poetica. La Valle d’Aosta presenta un’armonia
descrittiva molto intensa polarizzata dalla foto rielaborata del Monte Bianco e in basso dalla cascata incorporata
da un rosso meno violento e tuttavia anche qui nella parola del poeta c’è la
denuncia di un passato e di un futuro guastato. Lo stesso dramma che manifesta
il Veneto. Forse il dipinto più violento dell’intera serie e in un certo senso
una celebrazione al contrario dell’unità. Qui c’è tutta la denuncia del dissesto
della civiltà industriale che il poeta mostra nell’immaginaria pittura della
casa ‘verde e ancora verde’ là dove il verde è stato distrutto dai veleni che
la rappresentazione del teschio rende presente. Questo è però anche un dipinto
carico di valenze simboliche: dalle Frecce tricolori, in alto a destra, a quel
particolare francobollo che rimanda a una dominazione straniera e infine al
francobollo in basso che invita nell’esasperazione del nazionalismo del
Ventennio, a ‘preferire sempre l’industria nazionale’.
Carico di simboli è anche la
rappresentazione della Sardegna. Semplicemente il Tricolore entro cui è
inserita l’isola con sovrapposta la foto di un gabbiano. La poesia che
accompagna la raffigurazione, anche qui come nella Sicilia, fa riferimento ai
molti conquistatori del passato fino al regno di Sardegna per il quale i Sardi
sono ‘sudditi e regnanti’, il riferimento anche al ‘giudicato di Eleonora di
Arborea’, prezioso momento di autenticità ‘sarda’.
Anche il poeta campano celebra
l’unità attraverso una denuncia che si conclude con un’utopia positiva: “Ecco
la Storia: una poesia febbrile che nel sole sussurra al tricolore”, reso da un
sole stilizzato dal giallo intenso sul tricolore.
Il Piemonte non poteva non fare
riferimento all’origine, un tricolore ancora indeciso, il colore che ‘scola’,
due ‘carte dell’Italia’ sullo sfondo che sembrano alludere a un divenire che
trasversalmente percorre quasi tutti i testi poetici e che per dirla con il
poeta dialettale del Friuli suona così: “Fioi, ve prego, tirève su, dève ‘na
smossa, un scato d’orgoglio. Ben o mal adesso, italiano glie xe, dovemo far
l’Italia”.
Guardati attentamente e ‘percorsi’
dentro ognuno dei dipinti è latore di un messaggio che non intende essere
soltanto celebrativo della memoria, bensì come ogni autentica memoria deborda
dal passato e si dirige verso il futuro di cui necessariamente portiamo la
responsabilità. Mi sembra che il contributo del Maestro Guadagnuolo sia
consapevole di ciò. La fruizione estetica del suo lavoro, va oltre e diventa
messaggio civile.
Emilio
Baccarini