IN MARIA, IL VOLTO DELLA CONDIZIONE UMANA E DIVINA

(Card. Fiorenzo Angelini)

 

La raffigurazione di Maria ha come fine ultimo la conoscenza di Cristo. Ella ci indica suo figlio come esempio, Dio fatto uomo, che ha preso su di sé tutta la finitezza umana. La Madonna, Madre di Dio e Madre nostra, assimila nel suo volto dolce e amorevole il volto di tutte le madri.

Innumerevoli sono le raffigurazioni di Maria, e tante le poesie e gli scritti che hanno fatto della Madre di Dio il motivo della loro ispirazione. Maria non è soltanto il cardine, l’anello di congiunzione fra Antico e Nuovo Testamento. La sua è centralità che si rinnova nel tempo, negli scritti dei Padri e dei Dottori della Chiesa, ma anche in scrittori provenienti dalle più disparate scuole di pensiero e da differenti ideologie. Nell’arco dei millenni la figura di Maria è stata segno di devozione per la creatura umana. “Umile e alta più che creatura” cantava Dante: così, la Sua immagine discreta e suprema è divenuta guida di meditazione, la Sua soffer enza è divenuta empatia ultima con gli uomini e con Dio. Volendo, inoltre, soffermare l’attenzione in una disamina meramente quantitativa, si può affermare senza paura di smentita che, se si togliesse dal patrimonio artistico occidentale tutto ciò che riguarda la figura di Maria, scarso sarebbe il patrimonio culturale dell’arte cristiana.

Forse alcuni artisti moderni, non dico per opportunismo, ma per una sorta di opportunità delle circostanze, non hanno voluto espressamente dedicare quadri al tema mariano. Anche al riguardo, tuttavia, credo che occorra guardarsi da generalizzazioni. Peraltro più di un artista che ho conosciuto rientra tra quelle che chiamerei fortunate eccezioni. Io, per esempio, ho una tavola molto bella di un grande artista che ho

conosciuto personalmente; un artista che dal figurativo passò all’astratto, divenendo forse il maggiore degli astrattisti italiani: Giuseppe Capogrossi. Dopo la morte fu trovata una sua “Madonna col Bambino”, ancora incompiuta ma bellissima. Il fascino di questa figura infinitamente celeste e finitamente terrena, ha conquistato non soltanto i credenti ma anche coloro che si definiscono non credenti. Non soltanto i cristiani, ma anche i non cristiani sentono la profonda dolcezza che traspare dalla Madonna. Nel Corano si celebra la giovane donna di Nazareth con motivi orientali, che tendono ad arricchire di nuove forme il già ampio registro di rappresentazioni. Nella nostra civiltà, le immagini ed i testi della Lit urgia cattolica latina e greca, romana e bizantina, conservano un fascino che travalica la materia imperante nella mentalità contemporanea, figlia di una scienza sofisticata. Nel mondo protestante, il sentimento di desiderio nei confronti di una così alta figura sta assumendo una crescente rilevanza. Nel dopoguerra, inoltre, l’immagine di Maria come Madre di Misericordia è entrata nella devozione popolare.     
Si è concluso da qualche anno il Pontificato di un Papa che con il “Totus tuus” aveva dedicato la sua attività di Pastore del mondo alla Madre di Dio. Giovanni Paolo II, nell’enciclica dedicata alla Vergine Santissima, ha voluto affidare a Maria il proprio Magistero e le speranze di un’umanità che soltanto alla sequela della Vergine può riscoprirsi creatura amata da Dio.                                                          

Impegnandosi in temi pittorici dedicati alla Vergine, Francesco Guadagnuolo è stato antesignano di un innovativo indirizzo dell’arte sacra moderna, ponendo l’intero genere umano sulle orme di Colei che, obbedendo a Dio, si è resa Madre di ogni uomo. I dipinti di Francesco Guadagnuolo sulla Madonna svelano non soltanto la profonda capacità artistica, ma dimostrano anche la sua intima religiosità. La realizzazione delle opere da lui dedicate alla “Vita di Maria”, lo ha intensamente occupato sia sul piano spirituale – oserei dire trascendentale – sia su quello propriamente tecnico. Egli è giunto così a interpretare in maniera grafico-pittorica il viaggio terreno e celeste della Santissima Vergine Maria, conformemente alla dottrina dogmatica mariana. Maria diventa Speranza e Salvezza che libera il mondo, e Guadagnuolo, con avveduta e deferenza devozione, è riuscito a elaborare il delicato argomento in modo inedito e con sintesi moderna.

Direi che, nel suo modo di esprimersi, vi è la dimostrazione di un maestro che ha saputo cogliere nella storia dell’arte quello che è più bello, il meglio, condensandolo nella sua intelligenza e nella sua anima. Dall’opera di Guadagnuolo, si deduce come saper tradurre la capacità di trasferire nel nostro presente la vita della Vergine e la sua santità. L’artista ripercorre gli episodi sacri del Cristianesimo, con la sua abilità di far riflettere in Maria tutti i volti della condizione umana. Il suo modo di porgere artistico non soltanto è assolutamente piacevole, ma induce, costringe a pensare, insomma fa riflettere. Nascono così tante espressioni d i Volti di Maria. Queste espressioni della Madonna, umana e spirituale, sentono al proprio interno il senso del divino attraverso un linguaggio semplice e naturale.                                                                 Un ruolo di straordinaria importanza è quello riservato alla luce e alle sue diversificazioni cromatiche, accentuate a seconda dei differenti temi da trattare. In alcune opere i colori leggeri sono scavati con tratto veloce e deciso; in altre, la luce occupa l’intera scena, come nelle opere l’ “Annunciata” e la “Pentecoste&r dquo;. Il simposio di luce e colore è visibile particolarmente nell’opera “Maria incontra Elisabetta”, dove la luce nasce dal grembo della Vergine, e lì stesso, riscaldato da cotanta luce, il piccolo di Elisabetta sussulta. Nell’“Annunciata”, Maria è avvolta dal Mistero che si compie, ogni suo tratto e lineamento testimonia il suo assenso a Dio. Nello “Sposalizio”, la circolarità degli sguardi casti della Vergine e di Giuseppe ruota intorno alla moderna composizione che si chiude con la fede nuziale, all’insegna dell’amore cristiano. In “La Natività”, il volto di Maria racchiude tutto il fascino del fiat; la sua gravidanza non è volontà umana bensì frutto di un sì donato a Dio; si legge, nel suo sguardo, tutta l’azione dello Spirito Santo che in Lei si vivifica.                                                                                                        

Nelle “Nozze di Cana”, primo miracolo di Gesù, si prefigura nei simboli dell’acqua e del vino la passione di Cristo. E, nella “Crocifissione”, l’artista riesce a rivivere nella tela il Calvario di Cristo; ogni particolare è curato con attento realismo; caratteristici sono i personaggi nella scena.

In “Maria Madre della Chiesa”, la Madonna è rappresentata come tramite fra l’uomo e Dio. Lei è al centro del dipinto, con intorno il genere umano che chiede la Sua dolce intercessione. Il volto illuminato di Gesù guarda a Sua Madre e affida a Lei tutta la Chiesa. In “Assunzione” della Beatissima Vergine, Maria è completamente trasfigurata e avvolta dalla Luce che la chiama a sé con tutto il suo Corpo Santo.

Nell’“Inconorazione”, la corona, che sovrasta ma non si posa sul capo della Vergine, diviene simbolo vitale della maternità di Maria. Ella è Regina in quanto Madre, e alla sua Santa Maternità guarda l’uomo per riscoprirsi fratello nell’umanità.                                                                                                

Queste opere non sono dei semplici ritratti o allegorie. Esse sono il risultato di una profonda elaborazione mariologica, in cui l’artista riesce a sviluppare una accurata spiritualità. Guadagnuolo, forte di una ventennale preparazione artistica, possedendo peraltro i canoni teologici, riesce nell’impresa di porli alla portata e comprensione di tutti. Con questo suo impegno artistico, egli diviene intermediario per coloro che osservano le opere, toccati da questa meticolosa raffigurazione degli eventi caratterizzanti la vita di Maria.

Si può dipingere in tanti modi, si può disegnare in tante maniere. Il modo con cui Guadagnuolo riesce a entrare nell’immagine, nelle figure e nelle scene riguardanti la Madonna Santissima, è nuovo, e certo è difficile introdurre delle novità in un tipo di iconografia come questa. Se pensiamo a un’arte figurativa, che non è astratta, ma neppure un’evanescenza a metà tra informale e realismo, non saprei come ben definire l’arte di Guadagnuolo, che a me sembra inglobarle tutte. Tuttavia, proprio il figurativo conosce il rischio di produrre quello che noi chiamiamo le “oleografie”, il che, almeno per me, non è c osa piacevole; anzi non lo è per chiunque abbia un senso non dico artistico, ma critico dell’espressione del bello, dell’arte vera e dell’arte pura.

Di fronte all’opera di Guadagnuolo, invece, noi ci troviamo coinvolti, compromessi. Non soltanto comprendiamo quello che il maestro ha composto, ma addirittura pensiamo che, se ne fossimo capaci, vorremmo fare proprio così. Questo non significa che tutti siamo artisti, ma che la nostra incapacità non ci impedisce di sentire l’arte e di esprimerci con i medesimi sentimenti dell’artista.